Il contribuente che ha optato per la fruizione dei benefici fiscali per l’acquisto della prima casa previsti dal D.P.R. n. 131/1986 non decade dal beneficio per il mancato rispetto del termine di 18 mesi, previsto dalla legge per il trasferimento della residenza nel Comune ove l’immobile è ubicato, se dimostra che il mancato trasferimento della residenza è avvenuto per una causa a lui non imputabile quale l’ostacolo frapposto dall’inquilino all’esecuzione per il rilascio dell’immobile da questi occupato.
Cassazione civile, 17 dicembre 2015, ordinanza n. 25437.
Continua ad essere incessante il lavoro della Suprema Corte per l’inquadramento dei casi di mantenimento dei benefici fiscali per l’acquisto della prima casa previsti dall’art. 1, nota II bis, allegato a, del D.P.R. 131/1986 allorché l’acquirente dell’immobile, che opti per il regime agevolato, non sia in condizioni di trasferire la propria residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato entro 18 mesi dal rogito notarile per cause a lui non imputabili.
Nella fattispecie il proprietario non era riuscito a trasferire la residenza perché l’inquilina che occupava l’immobile, nonostante il provvedimento di sfratto e l’attivazione del procedimento di rilascio, si rifiutava di liberare l’abitazione sostenendo di essere affetta da particolari patologie che ne rendevano impossibile il trasporto.
Ebbene, la sesta sezione civile della Corte di Cassazione, richiamando il proprio consolidato orientamento per cui, sebbene il trasferimento della residenza entro 18 mesi dal rogito rappresenti un presupposto rilevante ai fini della fruizione delle agevolazioni prima casa, ribadisce la necessità di “tenere conto di eventuali ostacoli nell’adempimento di tale obbligazione”[1].
Ostacolo che, nella fattispecie, era rappresentato dall’inquilina recalcitrante allo sfratto la quale, nonostante i tre tentativi di accesso all’immobile, aveva reso impossibile l’accesso all’abitazione occupata. Solo la c.t.u. medico legale, che ha accertato la trasportabilità dell’occupante ha rappresentato la prova della sussistenza di una causa non imputabile al proprietario che, fino a quel momento si era trovato di fronte all’impossibilità di liberare la casa acquistata.
Pertanto, in tali circostanze, non può che essere escluso il comportamento colpevole del contribuente ed escludere la revoca del beneficio fiscale .
Gli avvisi di accertamento devono essere notificati al contribuente nei termini di decadenza previsti dalla legge. Il termine decadenziale è calcolato facendo riferimento alla data di consegna dell’atto impositivo al destinatario (così Corte Costituzionale, 23 gennaio 2004 n. 28).
Legge di Stabilità 2016, i nuovi termini di decadenza per gli accertamenti IRPEF, IRES e IVA
Con l’entrata in vigore della Legge di Stabilità 2016 si allunga di un anno il termine per l’accertamento I.V.A. e per le imposte sui redditi: il nuovo termine di decadenza per l’Agenzia delle entrate passa infatti dal 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione al 31 dicembre del quinto anno successivo.
Le nuove disposizioni non hanno, evidentemente, efficacia retroattiva. Si applicano a decorrere dall’anno d’imposta 2016 in poi.
Gli avvisi di accertamento devono essere notificati al contribuente nei termini di decadenza previsti dalla legge. Il termine decadenziale è calcolato facendo riferimento alla data di consegna dell’atto impositivo al destinatario (così Corte Costituzionale, 23 gennaio 2004 n. 28).
Termini di decadenza per accertamenti relativi ad imposte sui redditi (IRPEF, IRES) ed IVA
I termini decadenziali per la notifica di accertamenti, da parte dell’Agenzia delle Entrate, relativi ad imposte dirette e IVA, l’art. 43 del D.P.R. 600/1973 prevede, nei casi di avvenuta presentazione della dichiarazione, il termine del 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui la dichiarazione è stata presentata.
Solo per l’ipotesi di omessa dichiarazione il termine decadenziale è quello del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
In presenza di un reato tributario, con denuncia penale ai sensi dell’art. 331 c.p.p., i predetti termini sono raddoppiati. La decorrenza del termine di decadenza raddoppiato per l’accertamento, in detto caso, corrisponde al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione.
L’unico presupposto per il raddoppio dei termini decadenziali è rappresentato dalla denuncia penale.
Termine di decadenza per accertamenti IRAP
In virtù dell’espresso richiamo compiuto dall’art. 25 del D. Lgs. 446/1997, trovano applicazione, anche per l’accertamento IRAP, i termini già indicati per l’accertamento di imposte sui redditi ed IVA.
Termini di decadenza per accertamenti dell’Imposta di Registro
Per gli atti da registrare in termine fisso ed in caso d’uso, l’imposta di registro deve essere richiesta nel termine di 5 anni decorrenti dal giorno in cui avrebbe dovuto essere chiesta la registrazione;
nel caso di atti aventi ad oggetto beni immobili ed aziende, laddove l’Ufficio ritiene che il valore venale risulti maggiore di quello dichiarato ovvero superiore al corrispettivo pattuito, il termine decadenziale per l’accertamento della maggiore imposta è di due anni dal pagamento dell’imposta proporzionale;
l’imposta deve essere richiesta entro 3 anni decorrenti, per gli atti presentati per la registrazione o registrati per via telematica: dalla richiesta di registrazione, se si tratta di imposta principale; dalla data in cui è stata presentata la denuncia di cui all’art. 19 del D.P.R. n. 131/1986 (eventi successivi alla registrazione), se si tratta di imposta complementare; dalla data di notifica della sentenza della commissione tributaria, ovvero dalla data in cui la stessa è divenuta definitiva, qualora sia stato proposto ricorso avverso l’avviso di liquidazione o di rettifica;dalla data di registrazione dell’atto, in ipotesi di occultazione di corrispettivo; dalla data di registrazione dell’atto, ovvero dalla data di presentazione della denuncia di cui all’art. 19 del D.P.R. n. 131/1986 (eventi successivi alla registrazione), se si tratta di imposta suppletiva.
Termini di decadenza per accertamento dell’imposta sulle successioni e le donazioni
Per l’imposta sulle successioni, l’art. 27 del D.Lgs. n. 346/1990:
la liquidazione dell’imposta deve essere notificata entro 3 anni dalla presentazione della dichiarazione di successione o della dichiarazione sostitutiva o integrativa;
la rettifica della dichiarazione infedele o incompleta deve essere notificata entro 2 anni dal pagamento dell’imposta principale;
in caso di omissione della dichiarazione, l’avviso deve essere notificato entro 5 anni dalla scadenza del termine previsto per la dichiarazione omessa.
L’art. 60 del D.Lgs. n. 346/1990 stabilisce che, per l’imposta sulle donazioni, vale la normativa operante in tema di imposta di registro.
Termine di decadenza per l’accertamento di tributi locali
La legge Finanziaria 2007, legge n. 296/2006 prevede che, a pena di decadenza, la notifica degli avvisi di accertamento avvenga entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione ovvero il versamento avrebbero dovuto effettuarsi.
Il predetto termine decadenziale si applica ai seguenti tributi: IMU, ICI, TOSAP, TARSU, oblazioni per condono edilizio, tributi di scopo, imposta di soggiorno.
Prenota una consulenza
Prenota il tuo appuntamento con l'Avvocato Raffaele Greco.
Chiedi una consulenza
Per ricevere supporto professionale prenota un appuntamento con l'Avvocato Raffaele Greco.
Qualora nel corso di una rateazione si verifichi il decesso del contribuente, in relazione alle sole rate non ancora scadute, non può chiedersi agli eredi il pagamento delle somme dilazionate e dovute a titolo di sanzioni.
Nello stesso caso gli eredi non devono al fisco le somme pretese a titolo di sanzione per il ritardo nel pagamento delle rate ovvero dovute per il caso di decadenza dal beneficio del piano di rateazione causato dal contribuente deceduto.
E’ questo il principio espresso dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 29 del 7 agosto 2015.
L’Ufficio, nell’evidenziare che l’art. 8 del D.Lgs. n. 427/1997 dispone la intrasmissibilità agli eredi dell’obbligazione di pagamento di sanzioni tributarie, ha sancito l’estensione del medesimo principio anche all’ipotesi di decesso del contribuente in pendenza di un piano di rateazione.
L’Agenzia delle Entrate, facendo proprio l’indirizzo della Corte di Cassazione per cui v’è trasmissibilità delle sole sanzioni civili con esclusione di sanzioni di ogni altra natura (cfr. Cassazione Civile n. 12754/2014), pone a carico degli eredi il pagamento delle somme dilazionate dovute a titolo di imposte, interessi e sanzioni irrogate relative a rate già scadute e non pagate alla morte del contribuente.
Infine, per agevolare gli eredi nella regolarizzazione della debitoria, nel rispetto del principio di parità di trattamento, l’Ufficio ritiene applicabile ai casi di decesso del contribuente nel corso di rateazione, la proroga di tutti i termini prevista dal comma 3 dell’art. 65 del D.P.R. 600/1973.
In altre parole è prorogato a favore degli eredi, per un termine di 6 mesi, il decorso del termine per il pagamento delle rate scadute successivamente al decesso del contribuente. A tal fine è necessario che gli eredi comunichino tempestivamente all’Ufficio il decesso del contribuente. Tanto da permettere la predisposizione di un nuovo piano depurato dagli importi non dovuti dagli eredi a titolo di sanzioni.
Naturalmente, rideterminati gli importi dovuti, gli eredi saranno tenuti a corrispondere eventuali sanzioni che dovessero derivare da ritardo nei pagamenti delle rate ovvero decadenza dalla rateazione dovute per fatto proprio.
Il regime agevolativo per l’acquisto della “prima casa”, introdotto dalla legge n. 168 del 1982, è disciplinato dall’articolo 1 della Tariffa, Parte Prima,
allegata al Testo Unico sull’Imposta di Registro, nota II-bis.
Si tratta di un regime finalizzato ad incentivare l’acquisto della “prima casa” che può trovare applicazione per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e per gli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, usufrutto, uso ed abitazione.
Il regime agevolativo si applica anche agli acquisti di immobili, da adibire a prima casa, in sede di vendite giudiziarie.
Requisiti soggettivi ed oggettivi per l’agevolazione “prima casa”
l’abitazione non deve avere le caratteristiche di “immobile di lusso” ai sensi del Decreto Ministeriale 2 agosto 1969. Non assume rilevanza la classificazione catastale del bene immobile trasferito: la natura dell’immobile è determinata solo considerando i parametri fissati dal citato D.M. del 2 agosto 1969;
l’immobile deve essere ubicato:
– nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca – entri i 18 mesi successivi all’acquisto – la propria residenza. La dichiarazione di voler stabilire la residenza deve essere resa nell’atto di acquisto.
– oppure, nel territorio del comune in cui l’acquirente svolge la propria attività;
– se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, nel territorio del comune in cui l’acquirente ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende;
– se l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, nell’intero territorio nazionale purché l’immobile sia acquisito come “prima casa”.
l’acquirente non deve essere titolare, esclusivo o in comunione con il coniuge, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione
ubicata nel territorio del comune ove è situato l’immobile da acquistare;
l’acquirente non deve essere titolare, neppure per quote – su tutto il territorio nazionale – di diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni “prima casa”.
Dal primo gennaio 2014, fatti salvi i requisiti soggettivi, per gli acquisti soggetti ad imposta di registro l’accesso al beneficio riguarda gli acquisti che abbiano ad oggetto una casa di abitazione che rientri nelle seguenti categorie catastali: A/2, A/3, A/4, A/5, A/6, A/7, A/11.
Se invece, la compravendita è soggetta ad I.V.A., l’abitazione di lusso resta quella indicata dal Decreto Ministeriale 2 agosto 1969.
L’agevolazione anche all’acquisto, contestuale o con atto separato, delle pertinenze dell’immobile.
Sono ricomprese tra le pertinenze le unita immobiliari classificate o classificabili nelle seguenti categorie catastali: C/2 (magazzini e locali di deposito), C/6 (stalle, scuderie, rimesse, autorimesse), C/7 (tettoie chiuse o aperte).
Le pertinenze rientranti nelle suddette categorie catastali possono beneficiare dell’agevolazione in parola, se sono destinate a servizio della casa di abitazione
oggetto dell’acquisto agevolato.
L’agevolazione spetta anche se l’immobile viene acquistato da un minore o da altri incapaci purché sussistano i requisiti richiesti dalla legge, incluso quello della residenza.
Dichiarazione tardiva di possesso dei requisiti per beneficiare dell’agevolazione “prima casa”
Le dichiarazioni relative al rispetto delle condizioni predette possono essere rese anche tardivamente.
L’acquirente deve provvedere mediante un rogito integrativo nel quale deve dichiarare la sussistenza dei requisiti richiesti per usufruire delle agevolazioni (cfr. risoluzione 2 ottobre 2006, n. 110 nonché circolare n. 38 del 2005).
Ammontare della agevolazione “prima casa”
Per gli acquisti soggetti ad imposta di registro, la tassazione applicabile per l’acquisto della “prima casa” è la seguente:
Imposta di registro, 3% sul prezzo di acquisto dell’immobile;
Imposta ipotecaria, dovuta in misura fissa per € 168,00;
Imposta catastale, dovuta in misura fissa per € 168,00;
Imposta di bollo, per € 230,00.
Per gli acquisti soggetti ad I.V.A., l’imposizione è la seguente:
Imposta sul valore aggiunto, 4% sul prezzo di acquisto dell’immobile;
Imposta di registro, dovuta in misura fissa per € 168,00;
Imposta ipotecaria, dovuta in misura fissa per € 168,00;
Imposta catastale, dovuta in misura fissa per € 168,00;
Imposta di bollo per € 230,00.
Decadenza dalle agevolazioni “prima casa”
L’acquirente decade dai benefici fiscali:
le dichiarazioni previste dalla legge si rivelano mendaci;
non trasferisce la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile entro 18 mesi
dell’acquisto. Il trasferimento della residenza e, infatti, elemento costitutivo del diritto alla agevolazione (cfr. Corte di Cassazione n. 4321/2009);
trasferisce (sia a titolo oneroso che gratuito) l’immobile prima del termine di 5 anni dalla data di acquisto.
Il mancato trasferimento della residenza: il ravvedimento
L’acquirente che ha dichiarato nell’atto di acquisto di voler trasferire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato con l’agevolazione ‘prima casa’, e si trova, prima della scadenza dei 18 mesi, nelle condizioni di non poter rispettare l’impegno assunto, può revocare la dichiarazione di intenti formulata nell’atto di acquisto dell’immobile.
A tal fine è tenuto a presentare un’apposita istanza all’Ufficio presso il quale è stato registrato l’atto, con la quale dichiara di evocare la dichiarazione di intenti.
L’ufficio procederà poi alla notifica di apposito avviso di liquidazione dell’imposta dovuta oltre che degli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto di compravendita. In detto caso non è prevista l’irrogazione della sanzione del 30%, giacché, entro lo scadere dei 18 mesi dalla data dell’atto, non può essere imputato al contribuente il mancato adempimento dell’impegno assunto.
Decorso il termine di 18 mesi, l’acquirente incorre nella decadenza dall’agevolazione. Pertanto sarà pertanto tenuto a corrispondere la differenza di imposta, gli interessi e la sanzione, come liquidati dall’Ufficio.
Ricorrendone i presupposti, il contribuente potrà accedere all’istituto del ravvedimento operoso, beneficiando di una riduzione della sanzione.
Effetti della decadenza dalle agevolazioni
Per l’ipotesi di decadenza, il contribuente è tenuto al pagamento:
della differenza tra imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura ordinaria e le imposte corrisposte per l’atto di trasferimento, oltre una sanzione pari al 30% delle stesse imposte, e il pagamento degli interessi di mora;
per le cessioni soggette ad I.V.A. l’Ufficio procederà al recupero della differenza d’imposta non versata, oltre che irrogare una sanzione pari al
30% della differenza medesima, e richiedere il pagamento degli interessi di mora.